Marcello Farina
Il giardiniere
delle coscienze
Probabilmente l’arcivescovo Sartori si rivolterà nella tomba. O forse no, visto che un canonico della Cattedrale, non proprio in sintonia con il Pastore, quando questi morì (il 26 settembre 1998) dichiarò a chi scrive: “Zo chi, el metén, e da chi no ‘l ven pu su”. Si era nel sottosuolo del Duomo e la tomba scelta per l’inumazione era tra le più profonde di quelle a disposizione. Per dire che lo rimpiansero in pochi, soprattutto fra il clero.
Lo raccontiamo perché il volumetto scritto da uno dei preti a lui più invisi è stato presentato l’altra sera proprio a Vicenza, da dove mons. Sartori era partito per fare prima il vescovo di Adria-Rovigo e poi di Trento. Arrivò qui nella primavera del 1988 e tra i primi atti del suo governo episcopale ci fu la defenestrazione di don Vittorio Cristelli da direttore del settimanale diocesano “Vita Trentina”; l’allontanamento di don Giuseppe Grosselli dalla “Pastorale del Lavoro”. E la messa sotto stretta sorveglianza di don Marcello Farina. Tant’è che un fidato collaboratore-delatore dell’arcivescovo, ogni domenica sera provvedeva a registrare il sermone che Marcello Farina pronunciava dal pulpito della Cattedrale e lo portava come un furetto diritto da mons. Sartori. Perché potesse farvi le pulci.
Il Pastore venuto da Vicenza-Rovigo per “raddrizzare” la diocesi di Trento, tentò in mille modi di far allontanare don Farina dalla Cattedrale, di togliergli la messa della domenica sera, affollata come poche. Ma fin che fu parroco don Cornelio Carlin, Farina restò al proprio posto.
Poi fu egli stesso, sfiancato dagli “spioni” e dalle delazioni a togliere il disturbo.
Per approdare, “profugo della messa” a Trento sud, accolto come un fratello dal parroco di San Carlo, don Lino Zatelli. Come aveva fatto prima di lui, per 17 anni, quel grande prete che è don Franco Pedrini e che oggi dice messa al sabato in quel di Levico, dove si è trasferito.
Insomma, proprio nella parrocchia di San Carlo, alla Clarina, è nato questo volumetto presentato mercoledì sera a Vicenza. Lo rammenta lo stesso Marcello Farina, costretto a restare a casa, nelle due paginette che ha consegnato a Lino Zatelli per spiegare “lo spirito della ricerca”: “Ho scritto questo libro guidato dal desiderio di rendermi conto, prima personalmente e poi anche per condividere con gli amici e con i tanti “cercatori di Dio”, cristiani di “varia sensibilità”, una ricerca ormai diventata necessaria per cogliere lo “status questionis” delle espressioni più importanti e significative della vita delle Comunità, cioè di quei segni che le accompagnano nella storia quotidiana, come il battesimo, l’eucaristia e la riconciliazione. L’iniziativa non è stata mia, ma dell’amico don Lino Zatelli che mi ha chiesto di dedicare alla sua Comunità sei incontri su quei temi significativi. Subito mi è sembrata bella l’idea di immaginarmi la sua parrocchia come un giardino che potesse rifiorire, nella bellezza di un cammino da fare insieme, capace di ridare fiducia, di consolidare la ricchezza spirituale di tante persone, aperte alla riflessione e alla partecipazione attiva dentro la Comunità”.
Se queste sono le parole di un sovversivo, povera Chiesa. Che solo in anni recenti si interroga e si scandalizza sulle trame, le ruberie, i complotti e le malversazioni, compiute sulla pelle dei credenti, dentro i palazzi vaticani e dintorni. Una istituzione spesso puntellata e profanata dalla ritualità dei gesti, dagli orpelli medievali di cerimonie e di cerimonieri, dal paganesimo di certi suoi ministri.
Ogni tanto, dagli scandali e dalla fuga di devoti schifati, tornano a fiorire le comunità cristiane. Se trovano giardinieri degni e capaci di zappare le coscienze, di far rifiorire il giardino della testimonianza cristiana e della solidarietà umana.
Il mondo battezzato e rinsecchito del “popolo di Dio” che cammina sulla terra di Trento, ha trovato in Marcello Farina il contadino il quale, da ottant’anni, con fatica e poche soddisfazioni, cerca “significati e simboli che possano ridare freschezza a quella realtà della fede cercata e vissuta, che molte persone ancora continuano a ritenere parte integrante della loro umanità”.
In Marcello Farina, gli animi inquieti scoprono di frequente un approdo.
“Se il giardino rifiorisse” è edito da Gabrielli di Verona.
Alberto Folgheraiter