Necrologio
per un giornale
È un giorno triste per i liberi pensatori.
La morte di un giornale, improvvisa come una pugnalata a tradimento lascia sgomenti e attoniti. Certo, lo stato di salute finanziaria dei giornali è precario da tempo in tutto l’occidente. Da quando l’informazione viaggia alla velocità della luce nell’iperspazio dell’informatica, il giornale di carta è diventato obsoleto. Molto “obso” e poco “letto”. Antiquato, soprattutto per i nativi digitali.
Eppure, la morte annunciata ieri dall’editore per il giornale “Trentino”, che esala l’ultimo respiro stamattina, è un vulnus che la comunità trentina non si può permettere. Uno sfregio nel pluralismo democratico, nel dibattito civile e pacato delle libere opinioni. L’eutanasia di uno strumento di informazione e di formazione non potrà essere sanata con il potenziamento dell’edizione digitale promesso.
Così come altri strumenti, segnatamente una web-Tv, non potranno sostituire il giornale di carta e le parole scritte. La televisione macina parole e immagini, il quotidiano aiuta a pensare.
Questo giornale, il “Trentino”, è stato palestra di voci, megafono di libertà per i giornalisti e per i lettori, per i protagonisti di un giorno o testimoni di un’epoca. Ha sfornato pagine di cronaca e istruzioni per l’uso: della democrazia, del vivere civile, del rispetto reciproco. In questo anno terribile ha dato spazio alle ansie e alle attese, alla speranza e alla critica.
Ha dato conto dello sterminato elenco delle vittime. Di molte ha pubblicato un ricordo, come una carezza. Oggi tocca a lui, al “Trentino”, vittima dei conti in rosso che l’editore in primo luogo e gli imprenditori trentini, a suo tempo, non hanno saputo o potuto ripianare. Ma c’è un bilancio che va oltre il conto economico.
È il patrimonio di credibilità e di servizio che questo giornale si è costruito giorno dopo giorno, con fatica, con qualche incomprensione, con inevitabili amarezze. Quel conto va collocato in alto, nella colonna dell’avere più che in quella rossa del dare. Inutile chiedere alla politica di farsi carico delle sorti di un giornale. In anni lontani, e in altre latitudini, qualcuno disse che i giornali servivano agli editori solo per mandare segnali alla politica e fare pressione sui parlamentari. Non questo giornale, perché se tale fosse stato, conti in rosso, arancione o giallo, sarebbe stato tenuto in vita.
Ieri, quando è stata annunciata la chiusura del “Trentino” c’è stato un coro, unanime, di stupore e di costernazione. Si fosse manifestato nelle edicole non saremmo qui a scrivere un “coccodrillo”.
Quando muore un giornale, muore una piccola parte di noi. Da domani saremo tutti un po’ orfani. In attesa di ritrovare questa voce, o una analoga, con tutti i giornalisti, i poligrafici, le maestranze, i collaboratori, che vi hanno lavorato. Ed ai quali, in questa giornata buia e malinconica va il nostro piccolo, grande abbraccio di solidarietà.
Alberto Folgheraiter